Ddl intercettazioni: cosa cambierà
Cosa cambia per i magistrati
1- Gravi indizi di reato. Le intercettazioni sono possibili solo in presenza di gravi indizi e se assolutamente indispensabili alle indagini.
Anche oggi l’intercettazione è possibile solo in presenza di gravi indizi di reato. Finora, però, quello è stato l’unico requisito per ottenere l’autorizzazione al controllo delle utenze di un indagato. La nuova legge aggiunge altri limiti: accanto ai «gravi indizi», infatti, il pm dovrà avere «specifici atti d’indagine», cioè altri elementi concreti che provino le responsabilità di chi finisce sotto controllo.
2 – L’autorizzazione del Tribunale. L’intercettazione sarà possibile solo con l’autorizzazione del Tribunale collegiale
È questo un altro punto controverso che incontra le aspre critiche dei magistrati. Per ottenere l’ok all’intercettazione non basterà più il pronunciamento del gip, ma occorrerà il parere di tre giudici riuniti. Le critiche investono anche i tempi che limitano la possibilità del controllo: 75 giorni, 30 nella prima fase più tre proroghe da 15 ciascuna.
3- Intercettazioni ai parlamentari. L’autorizzazione alle Camere va chiesta anche se il politico parla sull’utenza di terzi
Fino ad oggi il pm deve chiedere l’autorizzazione alle Camere per intercettare direttamente l’utenza di un parlamentare o per usare intercettazioni di parlamentari effettuate casualmente mentre si controllavano altri telefoni. Con la nuova legge le cose cambiano: quando si ascolta la voce di un parlamentare durante la conversazione di un indagato, ogni atto deve essere secretato e custodito in archivio. Per proseguire nell’ascolto ci vuole l’ok delle Camere.
4 – I preti al telefono. Impossibile intercettare un sacerdote senza avvertire l’autorità ecclesiale.
È forse la norma più curiosa e discussa del ddl sulle intercettazioni, soprattutto in considerazione delle inchieste sulla pedofilia che coinvolgono i sacerdoti.
Cosa cambia per la stampa
1- Black-out sulle indagini. E’ vietato dare notizie su qualsiasi atto anche non segreto fino alla fine dell’udienza preliminare
L’effetto del divieto è evidente: fino al rinvio a giudizio, cioè al processo, sarà impossibile per gli organi di informazione mettere il lettore al corrente delle inchieste giudiziarie fino alla loro conclusione, tanto meno rendere conto delle intercettazioni, pena il carcere e ammende salatissime. Non si potrà scrivere su casi giudiziari scottanti come quelli che coinvolgono politici e pubblici funzionari disonesti. Se la legge fosse già in vigore sarebbero state top secret le indagini sugli appalti per il G8 o sulla morte di Stefano Cucchi.
2 – Via le tv dal tribunale. Niente riprese durante i processi senza il consenso di tutte le parti Vietate anche le immagini dell’aula
3 – La norma «D’Addario». Sono vietate registrazioni e riprese senza l’autorizzazione preventiva dell’interessato
In caso di condanna per le riprese e le registrazioni «fraudolente» si rischia fino a 4 anni di carcere. Si farà eccezione nei casi in cui le registrazioni verranno fatte per la sicurezza dello Stato, o per dirimere una controversia giudiziaria o amministrativa. In un primo momento la norma riguardava anche i giornalisti.
4 – Il provvedimento «salva-Iene». Non è perseguibile il giornalista autore di registrazioni o riprese video all’insaputa dell’interessato.
Grazie ad un emendamento dell’opposizione, i giornalisti sono stati «salvati» dai rigori della «norma D’Addario». Per loro cade il divieto di «scippare» interviste e immagini. L’eccezione è finalizzata a garantire ai professionisti il diritto all’informazione sancito dall’articolo 21 della Costituzione. L’unica condizione posta, naturalmente, è che le riprese vengano utilizzate davvero a fini di cronaca. Tirano un sospiro di sollievo «Le Iene», programma cult di Mediaset.
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No bavaglio –
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