Turchia, il neo-ottomanesimo che preoccupa l’Occidente
La crisi economica è globale, la recessione è mondiale. E’ questo il mantra ripetuto dai politici e dai loro megafoni in queste settimane da Crepuscolo degli idoli. Ma questa affermazione è la conseguenza di una visione Eurocentrica, o Occidentocentrica, del mondo. Non è vero che tutto il mondo è in crisi. Non lo sono Cina e India, non lo è il Brasile e non lo è qualche nostro vicino di casa. Nel mar Mediterraneo c’è uno Stato che, in attesa dell’approvazione della richiesta di ingresso nell’Ue, a fronte di un declino finanziario che sta colpendo l’Unione Europea, costretta a diminuire anche gli interventi militari all’estero, è a dir poco in controtendenza. Stiamo parlando della Turchia di Erdogan, nazione che ormai da anni fa registrare una crescita economica molto elevata e che, parallelamente, accresce il proprio peso sia sul piano diplomatico che su quello militare.
Sul fronte economico la Turchia ha chiuso il primo trimestre del 20011 con un tasso di crescita del Pil pari all’11%. Nell’ultimo trimestre 2010 la crescita era stata del 9,2%, e per l’intero anno dell’ 8,9%. Dati che l’Europa oramai sogna: secondo l’Eurostat infatti il Pil nel secondo trimestre cresce dello 0,2% sia in Eurolandia sia nell’Unione europea a 27 rispetto al trimestre precedente dopo che, tra gennaio e marzo, si era registrato un +0,8%. A livello tendenziale la crescita è dell’1,7% (era del 2,5% nel primo trimestre). In Italia il Pil cresce dello 0,3% su base congiunturale (in Germania si ferma allo 0,1%), dello 0,8% su base tendenziale. La crescita economica di Ankara quindi supera quella di ogni singolo Paese Ue, oltre ad essere superiore a quella della Cina.
La Turchia, parallelamente, sta progressivamente incrementando i propri interventi militari e diplomatici all’estero. Ankara negli ultimi tempi si è contraddistinta per un particolare attivismo che non sempre è risultato allineato con le scelte euro-americane. Come dimostra la recente presa di posizione nei confronti del regime siriano: di fronte alla richiesta di dimissioni di Bashar al-Assad da parte dell’Unione Europea e degli Usa il governo turco si è opposto a tale pressione diplomatica schierandosi con il Cremlino. Sul fronte militare la Turchia nei giorni scorsi ha reagito con la forza all’attentato del Pkk, che ha ucciso 12 soldati nel sud est dell’Anatolia. L’aviazione di Ankara ha bombardato obiettivi del partito del lavoratori del Kurdistan in Turchia e nel nord dell’Iraq. Ma è in Africa che il neo-ottomanesimo si sta affacciando con forza. E’ di qualche giorno fa la visita del premier turco Tayyip Erdogan in Somalia, visita organizzata allo scopo di annunciare lo stanziamento di 80 milioni di euro destinati al governo di Mogadiscio. Stanziamento che, in uno Stato dove i Paesi occidentali non si affacciano più da decenni per ragioni di sicurezza, ha finalità umanitarie, religiose, ma soprattutto politiche essendo Mogadiscio una delle porte di accesso privilegiate al continente africano.
Di fronte a questo crescente potere ottomano non sorprende quindi la cautela con cui l’Unione Europea valuta la richiesta di ingresso di Ankara nell’Unione: la Turchia oramai è una superpotenza, musulmana, e entrare a far parte dell’Ue rischierebbe di destabilizzare gli equilibri – già precari – della vecchia e fragile Europa.
Il muro. Nel silenzio dei mass media occidentali intanto sul confine greco-turco, sta succedendo qualcosa di abominevole. La Grecia, a 50 anni dalla costruzione del muro di Berlino, ha iniziato la costruzione di un nuovo muro. In un primo momento il piano del governo greco prevedeva la costruzione di una recinzione o di un muro per prevenire e ostacolare l’ingresso nel Paese di immigrati clandestini, ora la Grecia intende chiudere i confini con la vicina Turchia con un gigantesco fossato. Lungo 120 chilometri, largo 30 metri e profondo sette, fermerà gli immigrati su una delle rotte più utilizzate per entrare nel Fortezza Europa.
Israele. Ma nella Comunità internazionale però c’è chi teme ancor più dell’Europa la rinascita turca: è lo Stato di Israele. Qualche giorno fa il Ministero degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman ha accusato il premier turco Recep Tayyip Erdogan di voler “attentare alla legittimità” dello Stato ebraico, dopo la richiesta turca di scuse ufficiali alla Turchia per l’incursione sulla nave “Mavi Marmara”, nella quale il 31 maggio del 2010 morirono nove attivisti turchi diretti verso la Striscia di Gaza. In un quadro mediorientale che negli ultimi mesi, dopo le rivoluzioni della ‘primavera araba’ è decisamente mutato, Israele non può che temere il rafforzamento della neo superpotenza turca, da sempre ostile alle politiche coloniali di Gerusalemme.
Non sembra casuale che questa fase di potere crescente di Ankara coincida con uno dei più gravi scontri tra il governo filo islamico di Erdogan e i militari, dimessisi in massa a causa di una serie di incomprensioni con il governo. E dietro quest’operazione di destabilizzazione vi è più di un sospetto che vi sia la regia degli Stati Uniti.
A.I.
Crisi Turchia-Israele: Ankara sospende rapporti militari e commerciali – 06 settembre 2011
Erdogan: il riconoscimento dello Stato Palestinese è un dovere – 14 settembre 2011