Tea Party all’italiana

Dio ci scampi dal Tea Party all’italiana. Anche perché il Tea party, se proprio vogliamo dirla tutta, l’abbiamo esportato noi in America.

Già chiamare un movimento patriottico ai limiti del razzismo, contro le tasse, populista, dal linguaggio a dir poco violento e protezionista come una serata a tema di Alice nel Paese delle Meraviglie è un po’ come affiancare al nome di un partito illiberale, monopolista, lideristico e antidemocratico la parola libertà. Se aggiungiamo che buona parte delle caratteristiche di questo movimento uscito trionfante dalle recenti elezioni di Midterm americane, grazie ad una massiccia campagna mediatica (Fox uber alles) e a slogan a dir poco ridicoli, sono incarnate da tempo da alcuni esponenti di peso della politica nostrana, il copyright del Tea Party appartiene al Pdl e alla Lega. I vari Quagliariello, Gasparri e la nostra Sarah Palin, Daniela Santanchè, da anni ci deliziano con le loro invettive neanche fossero all’opposizione di chissà quale governo stalinista, dimenticandosi di far parte della maggioranza di governo. Per non parlare poi del pericoloso, oltre che antistorico, protezionismo commerciale auspicato più volte dagli illuminati pensatori leghisti. Fino ad arrivare allo slogan, mai messo in atto a causa di un debito pubblico ai limiti della bancarotta ed un’evasione fiscale incontrollata (se non favorita), del meno tasse per tutti.

Insomma il neonato Tea Party Italia farebbe prima a farsi fagocitare dal morituro Pdl, piuttosto che alimentare questo  populismo sfascista anche tra i giovani, magari partecipando ai casting di Arcore, in vista dellefuture (ed imminenti) elezioni politiche. Oltretutto lì di party se ne intendono.

A.I.


  1. No trackbacks yet.

Lascia un commento