Rieccoli, gli strateghi della sconfitta
Guardavo le immagini della Festa Democratica di Torino, dibattito tra Antonio Di Pietro e Marini. Mai come oggi mi è sembrata chiara la spaccatura tra i vertici del partito democratico, vecchi ed ancorati ad antiche logiche di potere, e gli elettori del partito, i cittadini. A Di Pietro è bastato elencare chiaramente, alla sua maniera, la cattiva condotta del governo Berlusconi su temi come la giustizia, il lavoro, le cricche, il conflitto d’interessi, la legalità e precisare pochi punti sui quali puntare per voltare pagina, alleanze chiare (no all’Udc e a Fini), primarie, legge elettorale maggioritaria, per scaldare gli elettori di un altro partito. Il povero Marini invece, in rappresentanza di una classe dirigente ormai al capolinea, si è limitato ad aprire le braccia all’Udc e a Fini pur di battere Berlusconi, ricevendo dalla base del SUO partito un mare di fischi.
Il linguaggio diretto, che giunge al cuore del problema in maniera sintetica e diretta, paga. Come hanno dimostrato gli “estremisti” della Lega e del Pdl in questi anni, però mentendo. Quello che i cittadini sembrano non volere, o non capire, sono gli accordi sottobanco (con chi fino a ieri o fino all’altro ieri è stato complice del governo B) incomprensibili, che non fanno altro che allontanare la gente dalla politica. Forse per i dirigenti del Pd è giunto il momento di essere veramente riformista veramente, partendo dal proprio interno per arrivare alla società tutta, dando spazio ai giovani e a quei leader politici che ottengono consensi e appassionano veramente i cittadini e godersi la lauta pensione accumulata durante le innumerevoli legislature.
A.I.
Ecco alcuni recenti esempi (da non imitare):
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