L’Unione Europea valuta boicottaggio Olimpiadi cinesi

Un altro fronte caldo si è aperto a Brdo, in Slovenia, dove i ministri degli esteri dell’Unione Europea si sono riuniti per discutere del possibile boicottaggio delle Olimpiadi da parte delle potenze occidentali in segno di protesta contro la repressione cinese in Tibet. I ventisette paiono divisi in due blocchi: il primo a favore della linea dura, determinato a lanciare un segnale alle autorità cinesi per il rispetto dei diritti umani e un maggior dialogo con il Tibet; il secondo più moderato e contrario a qualunque forma di boicottaggio, tra le cui file compaiono Gran Bretagna, Cipro, Danimarca, Svezia e Portogallo.

Alla testa dei pro-boicottaggio la Francia di Nicolas Sarkozy, che continua a mantenere una posizione possibilista sulla sua assenza alla cerimonia di inaugurazione dell’8 agosto. C’è poi chi ha già dichiarato in modo definitivo che in tale occasione non ci sarà: il presidente della Repubblica ceca Vaclav Klaus, il premier polacco Donald Tusk e il presidente dell’Estonia Toomas Hendrik Ilves. La novità di questa prima giornata di riunione arriva dalla Germania. Il ministro tedesco Frank-Walter Steinmeier, pur sostenendo che ‘un boicottaggio non è di aiuto né alla Cina né alle associazioni sportive’, precisa che né lui, né il cancelliere Angela Merkel, né il ministro degli Interni Schauble andaranno a Pechino l’8 agosto. ‘Non possiamo cancellare un appuntamento che non abbiamo neppure previsto’. Steinmeier sostiene però che sia ‘impossibile pretendere che le Olimpiadi siano ospitate solo dai Paesi buoni’ e che queste siano piuttosto una buona opportunità per contribuire all’apertura e alla trasparenza dei paesi.

Il nostro ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, continua a sostenere che ‘le iniziative per il Tibet sono efficaci se discusse a livello europeo, non se c’è una rincorsa di singole dichiarazioni che rischiano soltanto di creare confusione’.

Dall’Austria arriva un invito alla cautela: il ministro Ursula Plassnik ha dichiarato che ‘è importante non limitare la questione del rispetto dei diritti dell’uomo in Cina e in Tibet alla presenza alla cerimonia di apertura dei Giochi olimpici‘, e si augura una posizione unanime dei 27 per mandare un messaggio di ‘fermezza e pazienza’ in grado di persuadere la Repubblica cinese a riaprire il dialogo con il Dalai Lama.
Intanto la questione tibetana esce dai confini nazionali, e le proteste si allargano ad altri paesi, tra cui il Nepal. A Kathmandu, un gruppo di studenti tibetani si è arrampicato sul muro di cinta degli edifici dell’Onu, con cartelli con scritto ‘Tibet libero’ e ‘Stop al genocidio culturale in Tibet’, per chiedere un intervento del Palazzo di vetro sulla vicenda.
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